Chi non muore si rivede. È qualche mese che leggo la Divina Commedia. Almeno la metrica l’ho capita e ci ho modellato questo “Cantino del primo marzo“, perché oggi è il 30º anniversario della diagnosi. Per la rima ho fatto qualche aggiustamento. Per esempio la diagnosi non me l’ha fatta il primario, che però andava troppo bene con Gianmario (che forse quella sera neanche c'era). Ma per il resto è la fedelissima ricostruzione di questi trent’anni.
(Per tutto il resto, in prosa, poi iniziare da QUI)
CANTINO DEL PRIMO MARZO
2025, trent’anni dopo la diagnosi
Nel mezzo di una sera con Gianmario
gli occhi storti, i passi faticosi
fan sì che giorni dopo il gran primario
dica: “Non era febbre ma scleròsi,
gli esami strumentali parlan chiaro:
preparati agli spasmi dolorosi!”
Sono uditore ed il mestiere imparo,
del male nuovo proprio non mi curo,
ho un nuovo sentimento molto caro.
Vado in Sicilia, il lavoro è duro
ma con turismo e Barbar si concilia;
divento padre, un uomo più maturo.
Bello girar con tutta la famiglia,
ma spesso inciampo, è cosa molto strana,
non piego a sufficienza la caviglia.
Dopo Trinacria arriva la Toscana;
passo al bastone e perdo autonomia,
saluto il sogno di una vita sana.
Dice Riccarda, terapista mia:
“Ci vuole l’ospedal!" Il dado è tratto:
A Roma vo, ricovero in corsia.
Simpatiche infermiere, il coatto,
specializzandi arguti e professori,
comunque sempre un mese, da uscir matto.
“Cammini un po’ con i deambulatori,
ma che ti credi, che cammini bene?
Prova ‘sta sedia, guarda che non mori!”
Elegante l’esperta Rita ottiene,
veloce e facile da sollevare,
ausilio familiare mi diviene.
Dice Valè: “Bisogna festeggiare!
Farem le cose in grande, corsa in due,
da Roma a Ostia per incominciare.”
Dico: “Proviam, le gambe sono tue!”
Dai Fori ai Fori è tutto calcolato,
fatti chilometri quarantadue.
Non son cose ch’avrei desiderato,
ma la sedia dà anche dei vantaggi:
parcheggio in centro, palco riservato,
check-in priore per i lunghi viaggi.
Lautaro segna e i punti sono tre,
dalla tribuna si apprezzano i passaggi.
Cento cose non faccio più da me,
ma questa lista non è mai completa,
ci vuol tantissima pazienza ahimè!
“Vuolsi così colà”, dici poeta,
“Ma abbiamo la ricerca ora, dai!”
Solo che è lenta, arriverà alla meta?
La neuroscienza non guarisce mai,
ma ascolto e cerco d’evitare abbagli,
sto lontano da tutti i parolai.
E sul lavoro aumentano i travagli,
è dura rispettar gli appuntamenti,
ma c'è chi aiuta anche quando sbagli.
Scrivo sul web dei miei nuovi tormenti,
di come ridere dei propri guai,
ricevo tanto affetto nei commenti.
Mio padre mi regala l’easy-bike,
“Per le olimpiadi non sei all’altezza,
ma cosa importa? Quel che fai fai.”
A Trieste, con molta sicurezza,
l’amico Serbelloni mi prescrive
la maratona corta, quella mezza.
Mi alleno tutto l’anno per le rive,
arriva il giorno ma non sono pronto,
mi fermo prima delle aspettative.
Due nuovi anni mi preparo e affronto
stesso percorso intorno a Palmanova,
stavolta riesco, arrivo fino in fondo.
Un’altra volta supero la prova,
ma poi peggioro e allora chi mi spinge?
Un generoso, purché le gambe muova.
Poi basta corse, il morbo mi costringe,
(le malattie son degenerative)
convien dosar le forze, il tempo stringe.
Ad ogni stadio cambio prospettive,
lotto, mi adatto e credo altresì
di avere la migliore caregiver.
Dopo trent’anni sono ancora qui,
amo, lavoro e rido ancora se
dicon che è meglio morte che così.
Ma io peggioro e che sarà di me?
Domanda che non è mia esclusiva
perché è la stessa che puoi fare a te:
siam sulla stessa barca, alla deriva.
Remiamo uniti e non facciam la guerra
ma pace e amore e anche la tardiva
marcia globale per salvar la Terra!
NOTE
Sera con
Gianmario: probabilmente il 23 febbraio 1995 con tutti gli
amici di Gianmario tranne lui.
Gli occhi
storti, i passi faticosi: in realtà i primi sintomi
risalgono a sabato 18 febbraio, all’uscita della piscina.
Primario: non era il primario ma un neurologo dell’ospedale San Raffaele-Villa
Turro di Milano. Era il 1 marzo 1995.
Preparati agli
spasmi dolorosi: in realtà mi annunciò la malattia in modo migliore in cui si possa farlo,
ma ho preferito il registro dantesco, alla Minosse o Caronte.
Uditore: inizio il tirocinio poco più di un mese dopo la diagnosi.
Nuovo
sentimento: avevo conosciuto e iniziato a frequentare Barbara il
25 gennaio.
Sicilia: dal 1996 al 2001.
Padre: di Alessandro nel ‘98 e di Benedetta nel 2001.
Toscana: Massa, dal 2002 al 2008.
Bastone: in realtà la stampella, che inizio a utilizzare nel 2006 e 2 anni dopo
sostituisco con il deambulatore.
Riccarda: la fisioterapista di Massa che mi ha indicato il Policlinico di Roma,
dove sono stato ricoverato tutto il mese di luglio 2008.
Sedia: in realtà mi è stata prescritta l’anno successivo, quando mi sono
trasferito a Roma per un anno e mezzo.
Rita: terapista occupazionale che mi ha guidato nella scelta della sedia a
rotelle, dopo avermi fatto notare che camminavo sì con il deambulatore, ma
molto male.
Festeggiare: disse proprio così.
Corsa in due: la sedia rotelle spinta da un runner, ora molto diffusa, era una
specialità allora rarissima. Fummo gli unici, sia a correre così la Roma-Ostia, mezza maratona che utilizzammo come prova, sia la maratona di Roma del 2010, per la quale
facemmo preparare una sedia con ruote grosse e ampio manico per spingere.
Lautaro: mi riferisco esattamente al gol vittoria di Lautaro Martínez che ho visto
a Roma all’olimpico nell’ottobre 2024.
Vuolsi così: espressione usata due volte da Dante nella Divina Commedia per indicare
che tutto è sottoposto alla volontà di Dio, contrapposto all’atteggiamento
scientifico prevalente 700 anni dopo.
Web: il mio blog (Vedi copertina) .
Easy-bike: monociclo che si aggancia la sede rotelle e fa avanzare a forza di
braccia.
Trieste: arrivo nel giugno 2010.
Serbelloni: milanese e compagno di università, ritrovato a Trieste dove si era
trasferito molti anni prima di me, mi suggerisce la mezza maratona di Palmanova,
una delle più piatte e quindi facili in assoluto. Purtroppo, soltanto dopo il
primo tentativo mi diede il consiglio fondamentale: «Parti piano».
Palmanova: il primo tentativo è del 2012 e fallisce all’11º km. Riprovo e nel 2014 nel 2015 riesco a completarlo da solo. Poi la faccio altre due
volte ma per circa metà del percorso vengo spinto da Massimiliano e da Enrico.
Terra: avrei già pronta una bella rima per andare avanti: «effetto serra» ma non
vorrei andare fuori tema. Me la tengo per un’aggiunta, magari tra 10 anni,
spero preceduta da un verso che dica che alla fine lo abbiamo in qualche
maniera neutralizzato.